Come già ampiamente riportato in un precedente approfondimento, l’istituto della protezione speciale è stato riformato dal cosiddetto Decreto Cutro. Uno dei (tanti) punti critici della riforma è l’intervenuta impossibilità di convertire il permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
Se la volontà politica dietro questi cambiamenti normativi nella loro interezza è chiara, ponendosi tra l’altro in continuità con le numerose altre modifiche di pari stampo, intervenute nel diritto dell’immigrazione italiano, a causare ulteriori problemi e disuguaglianze sul punto è stata l’interpretazione restrittiva che le Questure hanno perpetrato su questo specifico aspetto del dl 20/23 e della relativa legge di conversione.
Nello specifico, già da giugno 2023 la Pubblica Amministrazione ha insistito nel ritenere convertibili in permesso di soggiorno per motivi di lavoro esclusivamente i permessi di soggiorno per protezione speciale, la cui istanza di conversione fosse stata presentata in data antecedente all’entrata in vigore della legge 50/2023. Questa situazione, denunciata ripetutamente dagli operatori di settore e dai cittadini stranieri interessati dal caso di specie, è perdurata per un’intera annualità, costringendo i beneficiari ad intraprendere azioni legali per ottenere quanto richiesto o, in alternativa, a restare nell’ormai incerto limbo della protezione speciale.
Nei mesi, si sono dunque susseguite numerose pronunce da parte dei T.A.R. interpellati, che, via via, hanno riconosciuto l’illegittimità dell’interpretazione restrittiva in capo alla P.A.; a livello esemplificativo, si citano la sentenza n. 914 del 28 dicembre 2023 del T.A.R. per le Marche e la sentenza n. 793 del 15 marzo 2024 del T.A.R. per la Lombardia.
In considerazione del perdurare della problematica e della necessità di dare una risposta univoca a livello nazionale, nonché dell’ovvia valutazione circa lo spreco di risorse pubbliche che deriva dall’avvio in massa di contenzioso legale sulla medesima questione interpretativa, è stata interpellata direttamente l’Avvocatura dello Stato, al fine di richiedere un parere che mettesse la parola fine alla vicenda.
Pertanto, dopo un anno di erronee interpretazioni e conseguenziali cattive prassi, su parere dell’Avvocatura dello Stato, il 31 maggio 2024 il Dipartimento di Pubblica Sicurezza ha emesso una nuova circolare interpretativa (n. 049449), nella quale si sancisce una volta per tutte l’ovvio:
“La facoltà di convertire il permesso di soggiorno per protezione speciale è da riconoscersi:
- Per le istanze di conversione presentate prima dell’entrata in vigore del Decreto Cutro, alle quali si applica la disciplina vigente al momento della richiesta;
- Per tutti i permessi di soggiorno per protezione speciale rilasciati sulla base dei presupposti di cui all’art. 19, terzo periodo, comma 1.1 TUI in data antecedente al 05/05/2023 ed in corso di validità a quella stessa data, ricorrendone i presupposti previsti dalla legge.
È altresì da ritenere ammissibile la convertibilità dei permessi di soggiorno per protezione speciale ottenuti in forza di provvedimenti giurisdizionali, emessi in data successiva al 05/05/2023, con cui è stata dichiarata l’illegittimità del diniego della P.A. avverso l’istanza di protezione speciale presentata dal privato prima della suddetta data.”
Ad oggi, dunque, dovrebbero cessare una volta per tutti i dinieghi che numerosi cittadini stranieri si sono visti opporre.
Il capitolo resta invece chiuso, almeno per ora, per quanto concerne i permessi di soggiorno per protezione speciale non rientranti dei parametri temporali di cui sopra, per i quali il Decreto Cutro e la relativa legge di conversione hanno sancito espressamente la non convertibilità. Tuttavia, nell’ottica della piena inclusione sociale e lavorativa dei cittadini migranti, è verosimile che la questione si sposterà sul piano politico, con le organizzazioni civili in prima linea nel portare avanti la battaglia per modificare una normativa della quale davvero si fa fatica ad intravedere il senso, perlomeno ragionando in un’ottica di benessere sociale dell’intera collettività.