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Minori stranieri non accompagnati, un anno di d.l. 133/2023

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In continuità con la volontà politica manifestatasi da diversi mesi a questa parte, a seguito di un’estate di polemiche legate all’aumento degli sbarchi, a partire da venerdì 6 ottobre 2023 è entrato in vigore un nuovo testo legislativo in materia di immigrazione (D.L. 5 ottobre 2023, n. 133), con focus specifico sui minori stranieri non accompagnati, successivamente convertito in legge nel mese di dicembre 2023.

È bene ricordare che questa peculiare categoria di migranti si vede riconoscere una serie di garanzie specifiche, già a livello internazionale, in considerazione della vulnerabilità intrinsecamente connessa alla condizione di minore.

Infatti, la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza non effettua alcun distinguo: perciò, a prescindere dalla nazionalità, dal sesso o dal possesso dei documenti, tutti coloro che abbiano meno di 18 anni sono uguali davanti al diritto internazionale ed interno, nonché davanti alla Costituzione.

Il D.L. n. 133: cosa cambia in tema di accoglienza

I cambiamenti apportati dalla normativa in esame riguardano, in primis, la possibilità di collocamento del minore straniero non accompagnamento ultrasedicenne in centri per adulti.

Infatti, si statuisce quanto segue: 

  • Art. 5 comma 1, lett. a), D.L. 133/2023: “1. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportatele seguenti modificazioni: a) All’articolo 19, al comma 3-bis, dopo il terzo periodo è inserito il seguente: “In caso di momentanea indisponibilità di strutture ricettive temporanee di cui al presente comma, il prefetto può disporre la provvisoria accoglienza del minore di età non inferiore a sedici anni in una sezione dedicata nei centri e strutture di cui agli articoli 9 e 11, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni”. 

Una previsione analoga è prevista nella cosiddetta Direttiva Accoglienza (all’art. 24, par. 2 della direttiva 2013/33/UE), che tuttavia lega tale collocamento in centri per adulti a considerazioni legate al superiore interesse del minore, principio cardine in materia ed unico criterio di valutazione possibile. Nel caso del D.L. in esame, invece, la scelta rispetto all’accoglienza è determinata esclusivamente dall’indisponibilità di posti. 

minori stranieri non accompagnati

Pertanto, è lecito ritenere che vi siano profili di illegittimità, per contrasto tanto con la disciplina internazionale che con il nostro diritto costituzionale, e che da questa scelta legislativa potranno derivare condanne per violazione dell’art. 3 CEDU da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, come già accaduto in passato. 

Infatti, risale solo al 31 agosto 2023 la sentenza della Corte Europea dei diritti umani (CEDU), Case of M.A. vs Italy, che condannava l’Italia per le condizioni di accoglienza riservate ad una msna ghanese, considerate inadeguate e, per questo, in palese violazione della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia. 

Tra l’altro, queste disposizioni si applicheranno ad una porzione estremamente ampia di msna presenti in Italia, pari almeno al 70,2%, secondo i dati di OpenPolis.

L’accertamento dell’età anagrafica

Dell’accertamento sociosanitario dell’età si è discusso molto nel dibattito pubblico. 

Ad oggi, la normativa di riferimento è rappresentata dalla legge n. 147 del 7 aprile 2017, cosiddetta Legge Zampa, che, seppur in maniera sicuramente perfettibile, indica procedure di accertamento dell’età comunque finalizzate a strutturare un sistema garantista. 

Infatti, l’ottica è quella di prevenire eventuali espulsioni a danno di un msna erroneamente dichiarato maggiorenne, in quanto attivabili solo in caso di fondato dubbio e improntate a principi quali la presunzione di minore età, il margine di errore, l’applicazione di metodologie multidisciplinari. 

Inoltre, centrale è il ruolo dell’Autorità Giudiziaria, in quanto, esperite le varie fasi, che coinvolgono tanto professionisti del sanitario quanto professionisti del sociale, l’attribuzione dell’età avviene con provvedimento del Tribunale per i Minorenni, passibile di impugnazione in Corte d’Appello. 

Tale procedura ordinaria non risulta abrogata dal D.L. n. 133, che, tuttavia, introduce anche una procedura derogatoria, la quale nell’ottica del raggiungimento di un esito rapido, rischia di comprimere le garanzie dell’individuo. 

Si dispone, infatti, quanto segue: 

  • Art. 5, comma 1, lett. b): “3) dopo il comma 6, sono aggiunti i seguenti: 
    6-ter. In deroga al comma 6, in caso di arrivi consistenti, multipli e ravvicinati, a seguito di attività di ricerca e soccorso in mare, di rintraccio alla frontiera o nelle zone di transito di cui all’articolo 28-bis, comma 4, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, di rintraccio sul territorio nazionale a seguito di ingresso avvenuto eludendo i controlli di frontiera, l’autorità di pubblica sicurezza, nel procedere a rilievi dattiloscopici e fotografici, può disporre, nell’immediatezza, lo svolgimento di rilievi antropometrici o di altri accertamenti sanitari, anche radiografici, volti all’individuazione dell’età, dandone immediata comunicazione alla procura della Repubblica presso il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie che ne autorizza l’esecuzione in forma scritta. Nei casi di particolare urgenza, l’autorizzazione può essere data oralmente e successivamente confermata per iscritto. […]” 

Secondo la lettera della norma, spetterebbe dunque alle forze dell’ordine scegliere tra le due procedure, in maniera totalmente discrezionale, data l’assenza di parametri precisi statuiti per legge. Nel caso in cui si opti per la procedura derogatoria introdotta dal D.L. n. 133, la magistratura minorile non interverrebbe in maniera preventiva, con autorizzazione scritta e motivata, bensì si limiterebbe ad un nulla osta, in caso di urgenza addirittura verbale. 

Inoltre, è forte il rischio che le FF.OO. si limitino ad accertamenti singoli, quali gli esami radiologici, la cui attendibilità è discussa da anni, abbandonando così l’ottica multidisciplinare della legge Zampa. 

I tempi per il ricorso? Solo cinque giorni dalla consegna del verbale, contenente un resoconto delle attività svolte. Non è dato sapere come queste tempistiche siano compatibili con l’effettivo esercizio del diritto alla difesa (reperimento di un avvocato, conferimento del mandato, redazione del ricorso ecc.).  Qualora questo termine venga superato senza che sia stato presentato ricorso, l’interessato potrà essere soggetto ad espulsione o a trattenimento in CPR. 

Infine, si introduce una ulteriore disposizione relativa alla conversione dei permessi di soggiorno dei msna in permessi per motivi di lavoro subordinato o autonomo, subordinandola ad una valutazione riservata ai professionisti autorizzati ovvero alle organizzazioni dei datori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale; ove si rilevi l’assenza dei requisiti, ne deriva la revoca del permesso di soggiorno e di ciò viene data notizia al pubblico ministero (art. 6). Tale prescrizione normativa rappresenta un unicum nel panorama delle conversioni in permesso di soggiorno per motivi lavorativi e, oltre a generare un quadro poco chiaro sotto il profilo dell’effettiva individuazione dei soggetti competenti alla suddetta valutazione, nonché ai criteri con la quale la stessa viene effettuata, risulta difficile comprenderne la ratio, se non quella chiaramente discriminatoria. 

È utile rilevare come queste disposizioni intervengano in un quadro già complesso, nel quale il riconoscimento delle tutele innegabili ad una categoria come quelle dei minori, si scontra con le esigenze di ordine pubblico e con l’affanno degli organi della PA preposti alla gestione del fenomeno migratorio, in conseguenza dell’aumento del numero degli arrivi. 

Tuttavia, nel D.L. in questione appare difficilmente riscontrabile una ratio finalizzata ad una migliore gestione del flusso migratorio, in quanto non si comprende come le disposizioni analizzate possano impattare sugli sbarchi. 

Anzi, le criticità già sollevate dagli operatori di diritto e dalle associazioni impegnate sul tema, da ultimo l’ASGI in sede di audizione presso la Commissione Affari Costituzionali, alla cui nota si rinvia per ulteriori approfondimenti, sono probabilmente anticipatorie dei rilievi che verranno mossi nei confronti del nostro Paese anche da parte di autorità giudiziarie nazionali ed internazionali. 

Così facendo, si conferma la generalizzata tendenza del legislatore italiano, quale che ne sia il colore politico, ad affrontare la tematica dell’immigrazione in un’ottica emergenziale, spesso tristemente securitaria, ma mai realmente rispondente ai bisogni e alla cura che richiederebbe la gestione di un fenomeno talmente complesso.

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