1 Agosto 2025

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“SAI OLTRE?”: Strumentalizzazione della criminalità degli immigrati

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Nell’ambito della rivista “SAI OLTRE?”, realizzata in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato 2025, pubblichiamo un ulteriore articolo realizzato da ragazzi ed educatori del SAI MSNA della cooperativa sociale CAPS, dal titolo: “Strumentalizzazione della criminalità degli immigrati”. Un’analisi critica rispetto alla presunta correlazione tra tasso di criminalità ed immigrazione: esiste un legame reale o è un nostro preconcetto?

La contemporanea società occidentale, basata sui principi di benessere e agiatezza, ha vacillato, nel corso degli ultimi anni, sotto la crescente pressione di allarmi sanitari, eco-climatici e sociali, assistendo all’inevitabile innalzamento di sentimenti di diffidenza e incertezza, con conseguente aumento di un dilagante atteggiamento discriminatorio e pregiudizievole nei confronti delle minoranze etniche accolte presso i nostri Paesi. Tale sentire socialmente condiviso è quotidianamente nutrito dalle informazioni trasmesse dai mezzi di comunicazione e dai contenuti diffusi dalle campagne politiche, che infatti dedicano particolare attenzione alla criminalità e, specificamente, ai reati commessi da individui immigrati. Infatti, svariate odierne personalità politiche hanno ribadito a più riprese l’aumento dei crimini sul territorio italiano, correlando tale dato al fenomeno dell’immigrazione incontrollata e all’incompatibilità valoriale tra Paese di provenienza e Paese ospitante; pertanto, si rende necessaria una riflessione relativa a tali affermazioni, in considerazione di dati statistici e ricerche scientifiche, nonché dell’evidente divario esistente tra realtà concreta e percezione sociale, secondo la quale, infatti, gli autori di reato sarebbero principalmente stranieri.

Contestualizzando la trattazione, i dati Eurostat 2022, pur confermando l’incremento del fenomeno immigratorio e l’altrettanto accresciuto numero di richiedenti asilo nei maggiori Paesi europei, quali Francia, Germania, Italia e Spagna, tra il 2012 e il 2021, hanno negato il parallelo incremento della criminalità nel medesimo decennio: infatti, se il numero di richiedenti asilo risulta raddoppiato in Francia e Germania, triplicato in Italia e addirittura ventuplicato in Spagna, non è stato ugualmente riscontrato un simile accrescimento nei tassi di criminalità commessi dal target di riferimento, che, al contrario, ha seguito un trend decrescente, con un decremento del 15,1% di reati e condanne in Italia, fino al -32,4% riscontrato in Francia.

Nonostante quanto emerso, è anche vero che, secondo le indagini condotte nel 2023 dal Ministero dell’Interno, il tasso di criminalità nel nostro Paese è mediamente maggiore tra residenti stranieri piuttosto che tra cittadini italiani, così come maggiore è la percentuale di detenuti stranieri nelle carceri italiane. In tal senso, però, è doverosa una considerazione in merito alle condizioni socioeconomiche di questo 10% dei residenti che, di frequente, appartiene alle fasce meno abbienti della popolazione, gode di minori diritti ed è a rischio di marginalità ed esclusione sociale, incorrendo in un rischio notevole di cadere nei subdoli meccanismi della criminalità, in conseguenza, dunque, di uno stato di povertà e irregolarità sul territorio. Ciò è confermato anche da ulteriori dati, in quanto il Ministero dell’Interno ha stimato che il 67,5% dei crimini commessi da immigrati riguardano e coinvolgono persone presenti irregolarmente in Italia, pertanto obbligate a vivere nell’illegalità, nonché impossibilitate all’accesso ad un impiego regolare, a misure adeguate di assistenza e quant’altro, differentemente dagli stranieri regolari, che, secondo studi dell’ultimo decennio, mantengono un tasso di delittuosità analogo a quello dei cittadini italiani.

Ebbene, nonostante abbiamo a disposizione una realtà oggettiva e concreta, assistiamo alla criminalizzazione e stigmatizzazione della diversità, alla netta demarcazione dell’invalicabile confine tra “noi” e “loro”, rifiutando l’idea che l’informazione e la politica siano guidati da qualcuno che, non conoscendo la deprivazione e non confrontandosi con l’arcobaleno culturale a cui siamo ormai esposti, malsopporta la possibilità che, in condizioni di disagio, solitudine, assenza di punti di riferimento e ostracismo sociale, si possa cadere nelle maglie della criminalità. Basti pensare a quanti, raggiunte le nostre località, privi di denaro, diritti e riferimenti culturali, o anche solo linguistici, incorrono in reati quali il consumo o lo spaccio di sostanze stupefacenti, trascendendo con frequenza molto inferiore in reati violenti, che pur vengono attentamente vagliati ed esaminati dai mezzi di comunicazione, che cedono a meccanismi di etichettamento e generalizzazione, richiamando i tempi in cui, appena qualche decennio fa, la contrapposizione tra me e l’altro non necessitava di coinvolgere popoli provenienti da oltremare, ma ci bastava demarcare il confine tra settentrionali e meridionali.

Dovremmo maturare, insomma, la consapevolezza che l’informazione e la conoscenza sono rese possibili proprio grazie all’interazione con la diversità, che, qualora diveniamo in grado di accogliere e valorizzare, può essere fonte di arricchimento, pur nel riconoscimento della propria identità sociale.

Articolo a cura di Mouhamed S., Oumar S., Zakaria C. e Ilaria T.

Potete recuperare gli altri articoli di “SAI OLTRE?” nella sezione Rubriche di Welfare Post.

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